MORBO di USHER
ANNO SOCIALE 2017 – 2018
PRESIDENTE Silvia SCOTTI
AMBITO SALUTE serata di approfondimento e di raccolta fondi a favore della ricerca per questa malattia rara di carattere genetico, che porta a sordità e cecità progressive
SOCI OPERATIVI Enrico ZANOBINI – Nanni BASSO – Silvia SCOTTI
La serata di mercoledì 23 maggio 2018 è stata una delle più interessanti e soprattutto coinvolgenti dell’anno lionistico: ospite d’onore è Alessandro testimonial di Rare Partners (RP): una società no profit fondata nel 2010 da un gruppo di manager esperti nel settore dello sviluppo farmaceutico e biotecnologico. Da circa 4 anni RP è impegnata attivamente anche nel campo della sindrome di Usher e accanto ai canali tradizionali di comunicazione, è particolarmente presente nel mondo dello sport, dove gli stessi malati di Usher trovano un mezzo di interazione e di integrazione straordinario.
Alessandro ha saputo rendere partecipi tutti i presenti con semplicità e naturalezza indescrivibili nel raccontare la sua avventura di vita: da quando si è reso conto di cosa significasse essere un soggetto affetto dal morbo, agli ostacoli che ha dovuto affrontare e alle sfide future che lo attendono.
COMUNICATO RP
La sindrome di Usher è una malattia rara che colpisce sia l’udito che la vista. In particolare si manifesta con una ipoacusia bilaterale associata a retinite pigmentosa, vale a dire una degenerazione progressiva della retina.
Prende il nome dall’oftalmologo scozzese Charles Usher che per primo nel 1914 descrisse la patologia in una pubblicazione scientifica, riprendendo le osservazioni fatte a metà dell’800 da Albrecht von Gräfe, famoso pioniere della oftalmologia moderna.
Si tratta di una malattia congenita, classificata come autosomica recessiva, il che vuol dire che entrambi i genitori devono essere portatori di una mutazione genetica perché la sindrome si manifesti, con una probabilità del 25% che questo accada per ogni figlio nato dalla coppia.
La sindrome di Usher è classificata come rara perché colpisce mediamente una persona su 20.000, vale a dire circa 1.500 persone in Italia e almeno 10-15.000 in Europa, rappresentando la causa più comune di cecità associata a sordità con esordio nell’infanzia. In realtà i pazienti classificati come affetti da sindrome di Usher nel nostro Paese sono in numero molto inferiore, soprattutto per carenza di una diagnosi tempestiva e per scarsità di centri specializzati e dotati di una conoscenza diretta della patologia.
Esistono diverse forme di Usher, con gravità e decorso variabili. Le più comuni nel nostro paese sono la Usher tipo I e la Usher tipo II. La prima è la forma più grave, si manifesta alla nascita con una sordità profonda associata a problemi di equilibrio e la degenerazione retinica si manifesta nella prima decade di vita. La forma di tipo II è più frequente ed ha un quadro clinico meno severo. La perdita uditiva alla nascita in questo caso è classificata da moderata a grave e normalmente rimane stazionaria, mentre la degenerazione retinica inizia dopo l’adolescenza. Nei casi più gravi di sindrome di Usher si può arrivare alla cecità a partire dalla quarta decade di vita.
Purtroppo non esistono al momento interventi terapeutici in grado di risolvere o perlomeno rallentare il decorso della malattia, la cui progressione inesorabile costituisce un elemento drammatico non solo per il soggetto colpito, ma anche per i familiari che devono convivere con la spada di Damocle rappresentata dalla prospettiva di arrivare alla completa sordocecità, di solito non prima della quarta o quinta decade di vita.
Sul fronte uditivo in realtà negli ultimi vent’anni c’è stato uno sviluppo positivo, in quanto sono stati perfezionati gli impianti cocleari, monolaterali e bilaterali, che sono ad oggi largamente usati per i pazienti con sordità profonda. Per le sordità intermedie funziona efficacemente l’utilizzo dell’apparecchio acustico, che permette di sentire e sviluppare il linguaggio. Sia gli impianti cocleari che le protesi acustiche sono tanto più efficaci quanto più precocemente impiantate. Grazie a questi dispositivi tecnologici e ad uno sforzo congiunto di logopedisti, psicologi e specialisti di sviluppo psicomotorio è possibile anche per i pazienti Usher arrivare ad un utilizzo più che buono del linguaggio.
Più difficile risulta contrastare la graduale perdita della vista, causata come abbiamo detto da una forma di retinite pigmentosa, cioè una degenerazione delle cellule della retina. Di solito vengono colpiti per primi i bastoncelli, fotorecettori periferici della retina, e questo comporta una precoce cecità notturna (emeralopia) e una graduale perdita della visione periferica. Quando anche i coni, fotorecettori centrali, perdono funzionalità si osserva una progressiva perdita di acuità visiva, con un impatto drammatico sulla qualità della vita e sul grado di indipendenza del paziente Usher.
Sono in corso nel mondo diverse ricerche miranti a contrastare la degenerazione dei fotorecettori, anche perché quella presente nella sindrome di Usher è soltanto una delle numerose varianti di retinite pigmentosa, che nel suo insieme colpisce circa 1,5 milioni di persone nel mondo.
A livello preclinico sono stati sviluppati modelli animali che mimano la condizione umana di Usher e su cui è possibile sperimentare trattamenti farmacologici che possano ritardare il decorso della malattia, attraverso la protezione della funzionalità dei fotorecettori. Sono anche in fase di studio diversi approcci di terapia genica, che si prefiggono lo scopo di sostituire il gene mancante o difettoso, attraverso l’utilizzo di vettori virali di diversa natura.
Naturalmente, laddove si arrivasse alla cecità totale, esiste oggi la possibilità di ricorrere all’impianto di retine artificiali, basate sull’utilizzo di microchip che vengono impiantati sotto la retina e che sono in grado di trasformare l’impulso luminoso in stimolo elettrico. Esistono al momento due dispositivi avanzati, sviluppati uno in USA ed uno in Germania, che sono già stati impiantati su pazienti, in occasione di interventi eseguiti anche nel nostro paese.
Rare Partners (RP) è una società non profit fondata nel 2010 da un gruppo di manager esperti nel settore dello sviluppo farmaceutico e biotecnologico. Da circa 4 anni RP è impegnata attivamente anche nel campo della sindrome di Usher dove sostiene diverse ricerche attualmente in corso e contribuisce alla diffusione della conoscenza sulla malattia. Accanto ai canali tradizionali di comunicazione, RP è particolarmente presente nel mondo dello sport, dove oltre ad incontrare un supporto entusiasta da parte degli appassionati sportivi, è testimone di un coinvolgimento degli stessi malati di Usher che trovano nella attività sportiva un mezzo di interazione e di integrazione straordinario.
Autore: Silvia Scotti
Webmaster: Mario Mazzini